Quando ancora nei giorni scorsi non si capiva che deriva avrebbe preso lo sbarco dei migranti sulla Ocean Viking, ma all’orizzonte potevano già intravedersi le prime avvisaglie del degrado cui saremmo giunti, mi aveva colpito l’annuncio che la Francia avrebbe fatto attraccare la nave al porto di Marsiglia non tanto per quella solidarietà ostentata, fasulla, rinfacciata ed esibita sulle principali testate mondiali, ma perché Marsiglia per me è sempre stata una città oltre il Confine, come solo le città di mare con grandi centri portuali sanno esserlo.
Marsiglia è una città che accoglie, i suoi figli sono meticci ed è il luogo dove vive e scrive Jean Claude Izzo, di padre italiano e madre francese, che tanto bene sa raccontare le sue atmosfere, la sua bellezza sfacciata e straziante.
Forse perché quella Marsiglia che Izzo ha descritto come «una città per non turisti», dove «non c’è niente da vedere, la cui bellezza non si fotografa, ma si condivide, dove bisogna schierarsi, essere per, essere contro, essere violentemente», somiglia in quella descrizione a Reggio Calabria, la mia città dello stretto che ha davanti l’Etna e il cui lacerante e ammutente panorama sa squarciarti come solo il bisturi di una madre sa fare.
Ecco questo sì che mi aveva colpito: l’apprendere che due sbarchi su cui stava montando un caso diplomatico si sarebbero verificati in due città affini, rimandando a corrispondenze del cuore con le orecchie ancora intontite da quell’esecrabile carico residuale, con cui Piantedosi aveva indicato gli uomini e le donne che non sarebbero sbarcati in Italia. Carico Residuale, un’avvilente e forbita perifrasi per indicare gli scarti. Ossia gli uomini e le donne che avevano vagato per tre settimane nel Mar Mediterraneo, questuando di approdare.
Ventuno giorni di navigazione tra Italia e Francia dopo un viaggio infernale a rischio vita
Un viaggio che per il governo Meloni si è trasformato in una Caporetto diplomatica, ma per i francesi e per l’Unione Europea in una vergognosa sassaiola di botte, risposte e ripicche ingiuste e ancora più gravi perché attuate sulle sorti e sulle vite di persone in balia del mare. Un suggello meraviglioso al recente Trattato del Quirinale.
Marsiglia è sparita dietro le folli accuse del governo francese e con lei anche quell’alone di romanticismo che tiro fuori quando la letteratura, la poesia, l’attualità e la mia empatia hanno bisogno di trovare immagini e parole che leniscano le ecchimosi causate dal confronto con la realtà.
Marsiglia si è trasformata in Tolone, il porto dove al Carico Residuale della Ocean Viking è stato graziosamente concesso di approdare, tra moralismi e lezioni di umanità di quel governo di cui val la pena ricordare alcune gesta: lo sconfinamento della gendarmeria a Ventimiglia per respingere con la forza i migranti che entravano dall’Italia, la sospensione degli accordi di Schengen con conseguente chiusura delle frontiere, le manovre in Libia che hanno destabilizzato il Paese. Il governo di quello stesso Paese che ha assistito al primo e unico sbarco dal mare dall’inizio dei tumulti nei Paesi di Maghreb e Mashreq.
Quel Carico Residuale che è diventato la spia dell’ennesima crisi di livello europeo ha frantumato le ossa dell’Unione con la sua attonita, ingombrante, disumana grevità. Quel Carico Residuale ha incrinato l’onorabilità di Paesi tra i più influenti, industrializzati e ricchi del mondo.
Quei Paesi che si riempiono la bocca di parole come solidarietà, diritti, sviluppo sostenibile, pari opportunità ma non temono di perdere la faccia di fronte al Troppo Umano che bussa alla loro porta. Ecco, quel centinaio di naufraghi hanno fatto crollare una volta ancora – come se ve ne fosse bisogno – l’illusione di cooperazione, mutua assistenza, e governance europea condivisa.
Mentre tutti strillavano, si affannavano, tiravano fuori percentuali, è partita la guerra dei numeri: Io ho il carico di sbarchi maggiori da gestire (90.297 sbarcati in Italia dall’inizio del 2022, secondo dati Oim)! Io ho il numero più alto di richieste di asilo (148.000 domande in Germania, 103.800 in Francia, 65.295 in Spagna, dicono i dati Eurostat del 2021)!
E via alle prese di posizione, alle comunicazioni ufficiali, alle dichiarazioni congiunte di Italia, Grecia, Cipro e Malta in un rimpallo di responsabilità a cui è possibile porre rimedio in un solo modo: riformare gli accordi di Dublino, instaurare un meccanismo di solidarietà vincolante, armonizzare le politiche di accoglienza e ripensare il meccanismo dei flussi. Cosa che a quanto pare nessuno vuole realmente fare.
E se è vero che Giorgia Meloni è ben consapevole di giocare la partita della vita in Europa, pare abbia optato per la politica “dei due forni”, in cui uno sostiene l’altro: fare la donna di lotta e di governo e utilizzare i cosiddetti temi identitari per rinsaldare e aumentare il suo consenso.
Considerando in ogni caso due elementi importanti: 1) l’equilibrio di poteri all’Eurocamera è cambiato da un pezzo e le dichiarazioni di qualche giorno fa di Manfred Weber, Presidente del PPE, ne sono la riprova; 2) la Meloni fa la Meloni, perché è quello che è ed è per quello che è stata eletta.
Da tutto questo rumore di sottofondo allora è possibile fare una considerazione
La battaglia sui migranti non è una questione di merito che l’Italia solleva contro la Francia, ma di metodo con l’Europa. È la cartina di tornasole che prepara il prossimo negoziato in Europa che, sui migranti, fin da Schengen, ha una linea precisa e mai mutata: sorvegliare i confini esterni e renderli meno permeabili.
Basti ricordare come l’impianto della legge Martelli sull’immigrazione varata nel 1990 fu modificato per agevolare, proprio quello stesso anno, l’adesione italiana all’area Schengen sotto le pressioni di Francia e Germania.
Peccato che il metodo serve a poco quando non esistono politiche d accoglienza e integrazione armonizzate. E peccato anche che sia stato lo stesso cruscotto del Viminale a comunicare che solo il 16% degli 85.991 migranti arrivati via mare in Italia al 2 di novembre, lo faccia su imbarcazioni di organizzazioni umanitarie.
Allora un conto è governare, tessere alleanze, trovare soluzioni a problemi complessi, un altro riscrivere storie, dati e narrazioni capaci di raccontare non il mondo per quello che è, ma per come convenga che sia.
E se Giorgia Meloni, nonostante i suoi 20 anni in Parlamento, sembri muoversi a vari livelli con la stessa grazia di un elefante in cristalleria, l’Europa, pur senza averne piena coscienza, giace già sul fondale del Mediterraneo, accanto ai morti dei naufragi delle carrette del mare. Affondata dal Carico Residuale loro e della sua deprecabile noncuranza.