Per la prima volta nella storia dell’Occidente – senza quindi considerare i conflitti in atto nel globo – il conflitto tra Russia e Ucraina si presenta come guerra dell’informazione e della comunicazione. Ci sono alcuni elementi che ci devono far riflettere e che costituiscono la spina dorsale di questo conflitto ibrido, in cui ingegneri informatici e professionisti ed esperti di comunicazione, giocano un ruolo di primo piano.
La guerra in Ucraina è il primo conflitto combattuto, oltre che sul piano militare e su quello della diplomazia, anche sul fronte digitale e attraverso le infrastrutture online. Proviamo a considerare alcuni parziali elementi che aiutano a disegnare un contesto di grandi novità in tema di strategia bellica.
Internet
Le classiche strategie di guerra contemplano innanzitutto l’attacco e la conquista delle reti di comunicazione. Dopo aver effettuato attacchi DDoS e wiper, i russi hanno iniziato a prendere di mira le infrastrutture di rete ucraine. NetBlocks ha rilevato problemi di connessione in diverse aree del paese. Una volta colpite le infrastrutture di rete ucraine, il premier Zelensky ha direttamente inviato un tweet di aiuto a Elon Musk.
Il magnate ha messo a disposizione la sua rete satellitare per garantire la connessione e ha inviato convoglio pieni di server per gli ucraini. Inoltre Andrii Nabok (rappresentante ucraino di ICANN) e il vice premier ucraino Mykhailo Fedorov hanno formalizzato la richiesta di tagliare fuori la Russia da Internet, facendo leva sul sistema DNS per rendere irraggiungibili i domini di primo livello .ru, .рф e .su, revocando inoltre i certificati SSL a loro associati.
Fedorov ha anche chiesto al RIPE NCC di impedire alla Russia di continuare a utilizzare indirizzi IPv4 e IPv6. Secondo Nabok: «Questi atroci crimini sono stati resi possibili dalla macchina della propaganda russa, attraverso siti web che hanno continuato a diffondere disinformazione e incitamento all’odio nonché promuovendo le violenze e nascondendo la verità in merito alla guerra in Ucraina».
Cyberattacchi
Il sito Punto Informatico, riporta una serie di notizie in continuo aggiornamento che raccontano di attacchi hacker e di compagini al soldo della Russia e degli Stati Uniti. Da una parte Conti, gruppo di cybercriminali che appoggia il Cremlino, dall’altra Anonymous che ha apertamente dichiarato guerra a Putin.
Proprio nei giorni scorsi sono finite online le chat interne di Conti ed è poi stato reso pubblico il codice sorgente del ransomware (virus informatico che rende inaccessibile ogni file del computer infettato, ndr) impiegato negli attacchi eseguiti.
Punto Informatico spiega che «il nuovo leak che prende di mira Conti interessa anche il pannello di amministrazione impiegato dalla gang, la BazarBackdoor API e il malware TrickBot tornato di recente alla carica. Trapelate inoltre nuove conversazioni, che vanno ad aggiungersi alle chat già online dai giorni scorsi. In questo caso, si tratta di circa 107.000 messaggi scambiati internamente fin dal giugno 2020, quando il gruppo ha iniziato a operare».

Si tratta solo di uno degli esempi che possono essere raccolti e che ci raccontano un cyberconflitto agito in quello spazio digitale che costituisce ormai un pezzo del nostro mondo e della nostra quotidianità. È di queste ore la notizia che il gruppo Network Battalion 65 (NB65) affiliato ad Anonymous avrebbe compromesso e messo offline alcuni server gestiti dall’agenzia spaziale russa: «Non ci fermeremo finché non smetterete di sganciare bombe, uccidere civili e tentare l’invasione» è il messaggio apparso sul loro account Twitter. Le notizie sono in continua evoluzione ed è sufficiente seguire il newsstream dei profili social del collettivo Anonymous.
Fakenews
Si tratta di uno dei versanti più caldi dato che, da che mondo è mondo, le guerre si combattono (anche) a colpi di propaganda. Sia Twitter che Meta hanno agito nella stessa direzione:
A questo dato vanno aggiunti tutti i movimenti delle Big Tech che stanno agendo per isolare la Russia. Twitter ha annunciato la nascita di un badge (contrassegno) con cui verranno segnalati i link affiliati allo Stato russo, come RT (ex Russia Today), da poco bloccato in tutta Europa. Stessa linea per Meta, che ha deciso di penalizzare in tutto il mondo i contenuti degli organi di stampa controllati dal Cremlino.
Questo implica che post, video, immagini e altro sono stati “nascosti” (posizionati in fondo al feed) e quindi sono più difficili da trovare (non verranno nemmeno consigliati agli utenti). Si tratta della terza misura adottata per contrastare la propaganda russa, più incisiva, che segue il blocco della visualizzazione delle inserzioni dei contenuti condivisi dai media di Stato russi in tutto il mondo e quello riguardante l’uso di Facebook e Instagram da parte di RT e Sputnik: i post non sono più visibili in Ucraina ed Europa.
È stata avviata la penalizzazione dei post su Facebook che contengono link ai siti dei media di stato russi e ha deciso di aggiungere etichette per segnalare la fonte dell’informazione. Gli utenti decideranno in autonomia se merita di essere visualizzata e condivisa. Simili misure riguarderanno anche Instagram.
Tutela delle identità digitali
Google ha annunciato una serie di iniziative per aiutare e proteggere i cittadini ucraini contro gli invasori russi. L’azienda di Mountain View ha donato 15 milioni di dollari, attivato un servizio di SOS su Search, migliorato le funzionalità di sicurezza per gli account, eliminato alcune informazioni su Maps e bloccato i canali dei media che appoggiano il Cremlino.
Su richiesta del governo ucraino, Google ha disattivato su Maps le funzionalità relative al traffico in tempo reale e all’affollamento dei luoghi. Ciò dovrebbe proteggere i cittadini che si riuniscono per organizzare la resistenza, scappano dal paese o cercano un rifugio. Ulteriori misure di protezione sono state introdotte per gli account Google di militari e funzionari del governo ucraino. È stato bloccato anche un attacco di phishing contro gli utenti che usano Gmail.
L’azienda ha inoltre aumentato il livello di sicurezza per gli account dei cittadini. Google ha poi rimosso anche la funzionalità di modifica delle mappe in Ucraina e cancellato tutti i contenuti degli utenti (foto, video e altro) che possono essere sfruttati dai russi per gli attacchi aerei.
Boicottaggio digitale
Se Apple ha ordinato il ritiro dei suoi prodotti dal mercato russo fino a data da destinarsi, un durissimo colpo è stato sferrato dai colossi delle transazioni digitali Visa e Mastercard che hanno deciso di chiudere i circuiti in Russia, lasciando così scoperta la rete dei pagamenti elettronici nel Paese.
Attività ed esercizi commerciali hanno perso il collegamento con questi circuiti internazionali di pagamento, bloccati dalle stesse aziende che ne emettono le carte. Stesso danno per gli e-commerce che si appoggiano a questi circuiti con un’azione che aumenta l’isolamento del Paese dal sistema globale. Etsy (piattaforma marketplace) ha invece annunciato la cancellazione di tutte le commissioni applicate ai venditori ucraini residenti nel paese, fino a nuova comunicazione per sostenerli e supportarli.

L’ultima arrivata a schierarsi è Amazon che, con le parole del suo CEO, chiarisce che «stiamo sostenendo il lavoro delle ONG umanitarie sul campo con donazioni da Amazon e dai nostri dipendenti oltre che con la logistica per consegnare le forniture alla popolazione che ne ha bisogno e con la cybersecurity per offrire assistenza a società e governi».
Criptovalute
Sono l’altra grande novità di questo conflitto. Quello delle criptovalute è un ambito già da tempo sotto la lente di ingrandimento delle istituzioni finanziarie e di tutti quegli attori che stanno sperimentando nuove forme di transazione. Ancora poco regolamentato, quel mondo potrebbe essere utilizzato dalla Russia per aggirare l’embargo finanziario internazionale di cui è oggetto. Durante la conferenza informale dei ministri dell’economia e delle finanze dei 27 dello scorso 2 marzo, i partecipanti hanno chiarito che l’Unione Europea è al lavoro per adottare misure che possano precludere alla Russia questa exit strategy finanziaria.
Non è un caso che Bitcoin abbia registrato negli ultimi giorni un apprezzamento del 13%. Ma alla richiesta avanzata dalla Casa Bianca alle piattaforme di scambio delle criptovalute di impedire che le monete digitali possano essere usate per aggirare le sanzioni, la risposta degli operatori ha chiarito che le regole verranno rispettate, ma che non verranno bloccati i portafogli (conti) di utenti russi solo a causa del loro paese di residenza, dato che ciò sarebbe in contrasto con i principi fondativi delle criptovalute ispirati a un ideale di libertà universale.
Al tempo stesso, per contro, il governo ucraino ha lanciato una campagna di raccolta di bitcoin: sarebbe stato raccolto ad oggi l’equivalente di 20 milioni di dollari. In generale i bitcoin, dopo le prime due fasi – quella di ondata di liquidità (che segnala momenti di alta incertezza) e quella relativa allo sganciamento degli indici azionari – sarebbero giunti alla terza: rappresentare un bene rifugio. Come l’oro, per intenderci.
Socializzazione
Si tratta dello guerra raccontata e testimoniata sui social network, non solo da gente comune, ma da politici e persone coinvolte nel conflitto. Esempio principe è l’abile comunicazione di Zelensky che, da ex uomo di spettacolo, conosce bene e sfrutta le armi della comunicazione e le sue risorse per motivare e persuadere.
La sua strategia è doppia: da una parte sostenere il morale della popolazione e incoraggiare le forze armate ucraine in una lotta impari a causa della differenza di dimensioni tra forze armate russe ed ucraine; dall’altra, sia fomentare l’opinione pubblica mondiale a far sentire la propria voce e a fare di più, sia fare pressioni sui governi per ottenere provvedimenti e interventi più incisivi.
E così in questo futuro che a tratti pare un ritorno a un cupo passato, fa impressione registrare le voci di alcuni ucraini che hanno sagacemente affermato: «Se i nostri nonni avessero visto che sono i tedeschi ad aiutarci contro l’invasore russo, sarebbero saltati sulla sedia».