Crotone: fate silenzio!

di Silvio Nocera

Qualcuno mi ha contattato chiedendomi dove avessi pubblicato il mio commento sulla strage di Crotone. Ho risposto che non avevo scritto niente.

«Come? Perché? Le tue analisi sono sempre state di buon senso». Ho risposto che non lo avevo fatto perché avrei scritto le stesse cose che scrivo da anni. E io non sono un politico, sono un autore. 

La verità è che questa volta, più di altre, credo che si debba fare silenzio. Che cosa c’è ancora da dire di fronte a tutte quelle bare schierate in fila dentro un palazzetto sportivo, se non tacere e, per chi è credente, raccogliersi in preghiera? Cosa bisogna ancora aggiungere di fronte a tutto quel dolore muto, di fronte a un dispenser di numeri disperati che familiari da tutta Italia raccolgono alla tenda della Croce Rossa allestita a Crotone per formare la linea di attesa del riconoscimento di quei cadaveri morti a duecento metri dalla riva? 

E che cosa ci sarebbe da aggiungere, che non risultasse fastidioso rumore di sottofondo, davanti alle dichiarazioni di un ministro dell’Interno per il quale «la disperazione non può mai giustificare viaggi che mettono in pericolo i propri figli»? Senza una scusa, senza una parola di mesto pentimento per dichiarazioni che lo qualificano per quello che è: un carico residuale della politica che dovrebbe immediatamente, e con vergogna, lasciare.

Il pudore del silenzio è una qualità che il potere non ama e non sa frequentare, impegnato com’è a ostentare la protervia e l’alterigia del profumo di comando. Il pudore del silenzio invece è un cono d’ombra dove trovano rifugio saggi e poveri diavoli, i secondi più dei primi, abituati dalla vita e dalle circostanze a dovere abbassare occhi tremebondi, le braccia impacciate e a disagio che non trovano pace, tormentate dall’imbarazzo scomposto di chi annaspa.  

Cosa dovrei scrivere che non risultasse trito, inutile, altrettanto scomposto come l’eco di una cantilena troppe volte cantata, ripetuta fino allo sfinimento? Tutto quello che potrei scrivere è stato scritto o è possibile trovarlo nei miei tanti commenti precedenti su un tema che conosco bene, ma che nessuno ha il coraggio di guardare e spiegare con la schiettezza, il rispetto e la complessità che merita. 

Mi troverei a essere una voce, tra le tante centinaia di altre, che invoca le dimissioni di un ministro per caso e per disgrazia, oppure rischierei di scadere nello squallido voyeurismo della banalità del male o della spettacolarizzazione del lutto.

Non ho voluto scrivere, né pubblicare le immagini inquietanti dei resti dell’imbarcazione, dei detriti restituiti dal mare in tempesta, né sproloquiare di Europa, di responsabilità, di polemiche tra operatori, ministri, Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Né di catena di responsabilità, di orrori di gestione, di rimpalli tra Frontex e Ministeri competenti, di improvvide dichiarazioni, no

Queste cose si sanno già, resteranno sulle prime pagine dei giornali ancora per qualche giorno fino ad essere superate dalla spietata evoluzione dell’agenda setting

Spariranno poi, come inghiottite dall’inarrestabile flusso di notizie, così come stati inghiottiti dal mare i corpi di un centinaio poveracci, lanciati fuori da una barca i cui scafisti speravano di sopravvivere.  E con la prossima tragedia annunciata saranno risputate fuori, come ha fatto il mare a Crotone o a Lampedusa, per ricominciare con questa ballata degli annegati che a volte, ma solo quando non se ne può fare a meno, ritorna col suo dramma da sbattere su tutte le prime pagine dei giornali. Mentre mani zozze e untuose stringono accordi disumani per cui l’Uomo perde il suo statuto di essere umano e diventa entità aritmetica. 

Allora, se proprio vi preme sapere cosa e come pensi del e sul tema immigrazione, potete controllare l’archivio di questo blog: troverete analisi politiche, disamine geopolitiche, testimonianze di operatori, esperienze personali. Troverete certe crude verità che non ho mai avuto timore di raccontare, cercando di smascherare narrazioni tossiche, posizioni per partito preso, ideologie, falsi miti, pauperismi, terzomondismi, becere retoriche, bugie e varie neglette amenità. 

Quello che avevo da dire, l’ho detto. Questo è il momento del silenzio e del rispetto. Per me qualsiasi altra cosa, che non sia un atto di pentimento o una scelta politica coraggiosa, resta a questo punto solo l’ennesimo carico residuale. 


Se ti è piaciuto questo articolo, leggi anche Il commento: La fisica del non voto.

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