Svegliare i leoni, il prorompente romanzo di Ayelet Gundar-Goshen

Ayelet Gundar-Goshen nasce in Israele nel 1982. Si laurea in Psicologia clinica all’Università di Tel Aviv è diventa presto redattrice per uno dei principali quotidiani israeliani. 

Oggi Gundar-Goshen è sceneggiatrice di grande successo, ma è grazie al suo primo romanzo Una notte soltanto, Markovitch, pubblicato nel 2012, che ottiene il plauso del pubblico mondiale. 

Attivista inesauribile per l’associazione a difesa dei diritti civili con il secondo romanzo Waking lions, Svegliare i leoni (Feltrinelli editore, 2014), Ayelet Gundar-Goshen attraverso la sua sofisticata ricerca letteraria crea una inedita visione della società israeliana e concentra la prerogativa autoriale sulla domanda esistenziale che più la rappresenta: quale direzione scegliere?, domanda che la vita ti pone variamente quando certe situazioni intercorse modificano completamente il punto di vista iniziale, la strada farsi bivio a doppia, tripla direzione.

La trama

In Svegliare i leoni il dramma è tutto compresso nella storia di un ricco dottore ebreo che dopo aver investito un rifugiato eritreo decide di darsi alla fuga. 

Dopo un turno di notte estenuante, il dottor Eytan Green, protagonista del romanzo della scrittrice israeliana, lascia l’ospedale di Beersheva, dove è stato trasferito a causa del malaffare medico che imperversa a Tel Aviv e di cui per ostentata moralità non si fa complice. Lungo la strada deserta del Negev Eytan investe un uomo che scopre essere un migrante eritreo. Pur essendo un neurochirurgo di fama il medico si accorge che non può fare nulla per salvare la vita di quell’uomo, ormai moribondo. Così decide di salire sulla sua macchina lussuosa, che non ha ricevuto neppure un graffio dallo scontro, e scappare nella scura notte. 

La moglie, a casa, di nome Liat, è un’investigatrice di alto rango della polizia, insieme a lei i due figli lo aspettano come se la vita scorresse normale. E sembra davvero sia così, grazie alla scelta fatta, almeno finché la quiete non viene interrotta da una giovane e bellissima donna di origine eritrea che lo cerca sulla porta.

Il medico capisce che qualcosa nella fuga è andato storto, che qualcuno lo ha tradito, che di certo lo hanno visto uccidere e poi scappare. Crede in un primo momento di doverle dare quanti più soldi possibile, ma si accorge che non è ciò che chiede la donna. Lo scopo della sua visita è un altro: dare aiuto sanitario ai rifugiati che si sono infiltrati illegalmente in Israele dall’Africa e solo un medico con lo scrupolo di aver ucciso qualcuno e di volerlo negare alla società può sostenerla. 

Eytan è posto davanti a una riflessione umana importantissima: considerare il proprio essere di fronte alla vita che ha scelto di realizzare per sé e per la sua etica e quella che qualcuno ha scritto sadicamente per lui, che lo investe, proprio come la sua prima vittima. 

Svegliare i leoni è un folgorante thriller, scritto con il desiderio di donare fotogrammi di luoghi lontani, dove kibbutz e deserto incontrano la bella e ricca società israeliana, fatta come ogni società, di apparenze e fervidi contrasti. 

«Penso che noi [israeliani] tendiamo a dimenticare che siamo una nazione di rifugiati», ha spiegato l’autrice di Svegliare i leoni in una recente intervista. La sensibilità di una società nei confronti di chi soffre e di chi non ci assomiglia culturalmente e nelle apparenze è fatta dalle singole sensibilità. 

Che, adoperate a letture come questa, possono evolversi e nutrire una visione più globale dell’insieme che viviamo, fatta anche di invisibili, di chi si nasconde e non può fare diversamente per sopravvivere dai massacri, dalle guerre, da tutte le devastazioni che intanto girano intorno come girotondi.

«Tutti la fissano, ma gli occhi restano asciutti. Non ha lacrime per lui. Le parole buone sono pronte, ma per riceverle devi spargere lacrime. Come in cambio dl pane devi dare i soldi, non puoi portarti via una pagnotta senza dare nulla in cambio. Ma quando entra nella roulotte, ha gli occhi asciutti, perciò loro si tengono le loro buone parole e la possibilità di una mano di conforto sulla spalla» (da Svegliare i leoni, Feltrinelli editore 2014).

[Redazione]


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