Molestie sessuali di gruppo, ci risiamo. Dopo i fatti occorsi negli scorsi anni in molti Paesi Europei e dopo quelli del capodanno passato in Piazza Duomo a Milano, questa volta tocca registrare episodi di molestie di gruppo sul regionale 2640 che, lo scorso 2 giugno, da Peschiera del Garda (Verona) avrebbe dovuto riportare le 5 minorenni che hanno sporto poi denuncia a Milano.
La Procura di Verona lavora a due inchieste parallele: la prima per le risse e i vandalismi in città e sulla spiaggia, la seconda per le molestie subite da almeno cinque ragazze sul treno di ritorno. Per gli episodi sul treno si è orientati a contestare le molestie, mentre per i disordini sulle rive del lago di Garda si parla di rissa aggravata, danneggiamenti e tentata rapina.
Lo scenario è da guerriglia urbana: Open.online riporta che «Al grido “Questa è Africa” hanno stretto d’assedio il lungolago del Garda, tra Peschiera e Castelnuovo. “Siamo venuti a riconquistare Peschiera. Questo è territorio nostro, l’Africa deve venire qui”, mi hanno urlato in faccia». Chi parla è una delle persone che assiste e subisce i disordini.
La situazione poi sarebbe totalmente degenerata all’arrivo del treno da Milano quando almeno 1.500 persone si è riversata sul Garda. Con il furto di una borsa scatta la prima rissa.
Il caos si propaga poi alla stazione di Peschiera invasa da oltre un centinaio di ragazzi, la maggior parte nordafricani, tutti giovani e giovanissimi. Salgono sul treno che li riporterà a Milano, lo bloccano, azionando il freno di emergenza, continua la ressa.
Il treno è stracolmo, verrà riferito dalle ragazze che vengono palpeggiate: «Voi bianche non potete stare qui, siete delle privilegiate» è quanto ancora verrà riferito dalle vittime alla Polfer di Milano. È il colpo di coda di una giornata di ordinaria follia.
Bandiere di altri Stati, come quella del Marocco che pare sventolasse in stazione, atti di vandalismo e sopruso, voglia di predominio sono i tratti che contraddistinguono questa storia, che, ahi noi, sta diventando una delle tante che si sentono in giro.
Anche qui c’è la folla, ci sono le molestie, ci sono i social, c’è l’accerchiamento. Ma da quello che emerge c’è di più: c’è la rabbia di chi urla «su questo treno non salgono i bianchi» e di chi apostrofa le ragazzine come «privilegiate».

C’è insieme una sorta di rivendicazione mista a una voglia di predominio, un tentativo scimmiottato di vendetta etnica, un agglomerato di rabbia sociale e sessismo. Poi c’è la paura. E il segnale che nessuno vuole vedere e che sulle nostre colonne trattiamo da tempo: l’immigrazione mal gestita, abbandonata alla conflittualità sociale, priva di politiche abitative redistributive, carente nei servizi per l’inte(g)razione, foriera di un certo senso di rivalsa attorcigliato ad uno strabico identitarismo porterà a strappi sociali che la nostra generazione non conosce, ma che sono di casa in Paesi come la Francia con le sue banlieue.
Il governatore Zaia ha giustamente dichiarato punizioni esemplari e zero tolleranza, e va bene. E poi? Cosa fare? Come estirpare questo odio? Punire senza educare non serve a nulla. Zaia è una voce autorevole ma, come dimostrano le tracce che ci conducono a queste nuove violenze, si tratta di un tema sistemico che riguarda il futuro del Sistema-Paese, dove per sistema si intende quel complesso di norme, indirizzi, comportamenti sociali, cultura, valori, patrimoni, civiltà che caratterizzano una comunità, l’Italia.
A questo va aggiunta un’ulteriore considerazione: i dati ISTAT sula natalità nel nostro Paese.
Se non verrà invertita la rotta della natalità con misure strutturali nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno. O come ha detto seccamente Elon Musk, gli italiani rischiano di sparire, di diventare minoranza. Il che significa che abbiamo molto a cui pensare e altrettanto su cui lavorare. Sicuramente non per una questione etnica, ma per la pace sociale. Non è curioso che fosse anche la Festa della Repubblica?