Il pomodoro non è sempre stato il pomodoro. Anticamente tra gli Aztechi ha assunto le sembianze di mirtillo, piccolissimo ed estremamente acidulo. Otto mila anni fa questo frutto sferico si è nuovamente reincarnato attraverso la sua prima domesticazione. Così proprio gli Atzechi decisero di farne qualcosa di migliore, almeno nell’aspetto, contemplando la possibilità di nutrirlo e formarlo per raggiungere le dimensioni anche di dieci centimetri di diametro. Xitomatl era il suo nome, ed era lo stesso per tutti i frutti tondeggianti che venivano coltivati in quelle terre. Sembra che a quell’epoca diventò molto famosa tra la popolazione una sorta di salsa a base di questo frutto, lo xitomatl in aggiunta a peperoncino e cipolla.

I dominatori-esploratori ispanici non ne furono particolarmente entusiasti, ma senza farsi perdere mai d’animo, e di possibilità, lo trasportano comunque presto in Europa. Una volta giunto nel vecchio continente, i nobili lo apprezzarono soprattutto come pianta da ornamento, mentre i poveri dell’Andalusia iniziarono a sperimentarlo nelle ricette più ardite per non morire di fame. E così nacque il gazpacho, una zuppa fredda a base di pomodoro, peperoni, cetrioli, cipolla e pane raffermo in ammollo. Molto apprezzato oggi come aperitivo, il gazpacho è un’ottima bevanda energizzante dal riscoperto sapore.
Nel 1548 il primo cesto di pomodori si avviò verso la nostra Penisola. La fortunata moglie di Cosimo de’ Medici ricevette in dono dalla Spagna questi strani frutti che fece chiamare dall’umanista senese Pietro Andrea Mattioli malum aureum (ossia pomo di oro) dato in origine il suo colore giallastro.
Nel XVI e XVII furono avviate nuove tecniche agricole di impollinazione e di ibridazione tra piantagioni e così il pomodoro in breve assunse forme e colori e dimensioni più simili a quelle che gli assegniamo oggi. Ai popolo di Sicilia dobbiamo il primo costrutto di salsa di pomodori grazie allo strattu, ossia una miscela odorosa ottenuta da pomodori essiccati al sole.
Gli ebrei ne furono inizialmente inorriditi, trovando il suo colore impuro, simile al sangue. Ma a Livorno la comunità ebraica lo accolse con ogni onore fino ad assumerlo in molte ricette kosher. Così fu trapiantato in Palestina e con il Sionismo gli ebrei ne furono così coinvolti da utilizzarli per la fioritura del deserto di Israele. Oggi gli israeliani sono a capo del mondo per le nuove piantagioni di pomodoro e per aver innestato varietà di successo, come quella del ciliegino, esportata in tutto il mondo, e dal sapore più dolce e inconfondibile.

A un imprenditore di origini campane di nome Francesco Cirio is deve invece l’invenzione dei barattoli di pelati e passata di pomodori. Ad opera degli immigrati italiani il frutto tondo, pomo di oro, arrivò in America. E la Campell, compreso il suo potenziale, sfruttò al massimo questo ortaggio per ottenerne la famosa zuppa che tutti ricordiamo grazie al genio di Andy Warhol e alla sua pop art.
Un’altra mutazione del pomodoro consiste nel ketchup, tanto amato in America e nel Nord Europa, su ogni pietanza, che sia pizza o che sia pasta, e integrato abbondantemente nella nostra cucina più godereccia. Non si esclude che molti ristoratori, ahinoi, anche italiani, per dare più vivacità al rosso dei loro sughi utilizzino spesso il ketchup.
Ma il pomodoro è tutt’altro, ha una base antica, riecheggia tra i sapori più lontani della nostra tradizione. A lui affidiamo la nostra cucina migliore, amorevole e senza dubbio sana.
[Redazione]