Definito come uno dei più grandi scrittori indiani, Amitav Ghosh pubblica una nuova imperdibile storia intitolata Jungle nama. Il racconto della giungla, tradotta dall’inglese da Anna Nadotti e Norman Gobetti.
Irriducibile ambientalista, Ghosh sin da piccolo è cresciuto in mezzo al mondo – suo padre è stato un diplomatico – e il riconoscersi dentro una miriade di sfaccettature umane lo ha plasmato prima di tutto come antropologo. Da qui la sua carriera è stata inarrestabile, come professore, autore e fautore della battaglia più dura che ci vede soccombere a un mondo impazzito dal consumo di sé stesso.

In questo ultimo lavoro edito da Neri Pozza ci racconta in versi e per mezzo delle bellissime illustrazioni dell’artista di origini pakistane Salman Toor una storia che si lega alla leggendaria Bon Bibi, divinità della foresta dei Sundarbans nel delta del Gange. Avevamo conosciuto questa dea, implacabile guerriera e saggia ministra, già nel precedente romanzo Il paese delle maree del 2004.
In Jungle nama ricompare la tanto amata foresta di mangrovie dove è stato esiliato alla foce di un fiume, dalla dea e da suo fratello Shah Jongoli, il demone-tigre Dokkhin Rai. Dopo la sua deposizione, la dea stabilisce in quel territorio una nuova legge basata sull’equilibrio e sulla sapienza della natura: la foresta sarà divisa in due zone, una abitata dagli umani, l’altra dal demone, quest’ultima sarà proibita agli umani, né Dokkhin dovrà mai spostarsi verso la prima.
Un giorno si addentra in quei luoghi proibiti una schiera di umani guidati da un mercante avaro e senza scrupoli di nome Dhona che desidera accaparrarsi il miele di cui la zona è molto ricca. Al comparire del demone, raffigurato come una tigre, Dhona ascolta ciò che ha da dirgli: in cambio del miele che il demone è disposto a cedere, Dokkhin vuole sbranare Dhakey, suo fratello, arruolatosi poco tempo prima. Grazie a una preghiera, in forma poesia, cantata in dono a Bon Bibi, la saggia dea, la vita di Dhakey sarà salva.
Una storia che ha radici antiche, di popoli che vivono sul confine, nelle zone di mezzo, e che si trovano a subire, a causa delle loro stesse imprese e di tutte quelle degli altri, i danni ambientali provocati dalla cupidigia e dalla incorruttibilità degli esseri umani. Che, mai affamati, proprio come quel demone, vogliono accaparrarsi sempre più beni.
Amitav Ghosh nel suo Jungle nama, nato per ragazzi, non solo richiama l’attenzione di noi adulti ma sembra parlarci di un posto che conosciamo sin da quando eravamo bambini, un posto che, a differenza di questo, sa di giustizia e di entropia, di rispetto delle regole e di divinità che anziché preconizzare il male lavorano affinché si insinui ovunque il bene.
[Redazione]