di Elisa Mauro
Otto artisti che curano i tarantolati di tutto il mondo. Otto, ma al singolare, il Canzoniere. Che compie esorcismi puntuali e diretti, e lo fa con una sola fede: la musica. Una musica legata a una tradizione che non si ferma a semplice esibizione ma che rinasce nuova pratica sociale, sintonia, ascolto e sensibilità.
Il Canzoniere Grecanico Salentino sboccia su una lingua di terra stretta e barocca della Puglia. Da 46 anni, tra generazioni susseguitesi, il gruppo salentino è l’orchestra che fa della pizzica tarantata vera e propria world music, riconosciuta da tutti quei popoli lontani e diversi che sanno vivere sulle stesse lingue di territorio di tutto il mondo a un passo dal mare, da quasi tutti i punti di vista, e sopra una terra incrostata dal sole. A viverla e a proteggerla.

Abbiamo incontrato Mauro Durante, voce, percussioni e violino del CGS, in occasione dell’uscita del loro nuovo album Meridiana (Ponderosa Music Art, 2021), un lavoro che ha trovato tutti d’accordo, critici e ascoltatori, nel ritenerlo incredibilmente evoluto, romantico e sensoriale.
Un album che ricorda le 12 ore segnate dal nostro tempo quotidiano, nella vita che si sussegue tra luce e buio, nel cammino che compiamo e che non è detto che ci faccia sempre andare, perché, invece, spesso ci fa tornare. In una casa o magari in un abbraccio. In un ricordo, come quello di Daniele Durante, padre del Canzoniere e storico direttore artistico della Notte della Taranta, scomparso pochi mesi fa e che ci lascia in eredità la meraviglia di questa orchestra multisonica e globale.

Tra tamburieddhi, zampogne, violini, flauti e voci (incredibili voci, quelle di Alessia Tondo, di Giancarlo Paglialunga ed Emanuele Licci) e la danza smisurata e impalpabile di Silvia Perrone, il Canzoniere fa dell’ascolto, non solo una terapia, ma anche un luogo, una lingua di terra stretta e lunga a un passo da ogni mare che si deve attraversare per crescere meglio di come si è nati. La band è composta anche da Giulio Bianco, al basso, zampogna, armonica, ai flauti e fiati popolari, da Massimiliano Morabito all’organetto e da Francesco Aiello al suono.







Ciao, Mauro. E grazie di cuore per questa intervista esclusiva per L’auditoriu.
Di voi affascina il legame con le radici, il senso profondo di appartenenza a quella Puglia, il Salento, che sa ammaliare tutto il mondo. Eppure il Canzoniere Grecanico Salentino non si ferma a questo, al suo territorio, ma diventa un giusto deputato di tutti i popoli che vivono tra i confini. Un fenomeno davvero eccezionale che qualcuno definirebbe glocale (globale + locale) perché è fatto dell’energia che sprigiona il rapporto del piccolo territorio con il resto del mondo. Come riuscite a fare questo con la musica?
Lev Tolstoj sintetizzò il concetto in modo eccezionale: «Se vuoi essere universale parla del tuo villaggio». Noi amiamo profondamente la musica e la danza della nostra terra, le nostre tradizioni. Ma non le trattiamo come se fossero materiale da museo, per noi sono il punto di partenza e di ritorno delle nostre sperimentazioni, la nostra principale ispirazione. Accanto a quella fonte principale, però, ci sono tutte le musiche e la vita con cui entriamo a contatto, singolarmente e come gruppo. La nostra ambizione e motivazione è fare una musica che ci assomigli e ci rappresenti, al meglio possibile. È sempre una grande gioia quando quello che facciamo riesce a parlare alle altre persone, e ad emozionare sia noi che loro.
La vostra carriera è costellata di successi straordinari. A livello internazionale avete vinto tutto ciò che si poteva vincere, e ancora non sembrate sazi. E giustamente. Siete riusciti a ottenere un successo che molti altri artisti dello stesso genere non hanno potuto vedere neppure da lontano. Qual è stato il vostro segreto?
Probabilmente l’essere riusciti a creare un progetto artistico che risulta unico e inconfondibile anche a livello internazionale, presentandoci come realtà di punta di tutto un movimento culturale in grande fermento e salute come quello salentino e pugliese.
Siete ormai idoli indiscussi della pizzica tarantata che è musica, danza, ma anche esibizione scenica, recitazione. I vostri spettacoli sono veri e propri musical contemporanei, fatti di pilastri ancestrali e di proiezioni future. Seguite un canovaccio, in genere, o è solo improvvisazione?
Prepariamo sempre i nostri spettacoli, cercando di metterci dal punto di vista dello spettatore. È una delle parti che amo di più del mio lavoro… è come fare l’alchimista, cercare gli ingredienti giusti per far scattare la magia. E l’improvvisazione all’interno di un canovaccio è proprio uno di quegli ingredienti fondamentali e imprevedibili.
La storia del Canzoniere è legata indissolubilmente a quella della scrittrice Caterina Durante, madre – tra gli altri – del bellissimo romanzo La Malapianta e madre, dunque, del Canzoniere. Che rapporto avete con lei, quale il suo ricordo?
Rina prima, e mio padre Daniele poi, hanno impostato e portato avanti una filosofia, un sogno, che noi sposiamo ancora oggi al 100%. Il Canzoniere è la prosecuzione del loro lavoro, diversa perché diversi sono gli interpreti, ma accesa dallo stesso fuoco, la stessa passione.
La pizzica tarantata è un genere musicale folk, strettamente legato alla cultura del posto in cui nasce. Qualcuno l’ha definita, anche per questo, musica povera, perché appartiene per nascita alla umile gente che lavorava nei campi, eppure sentirvi come elementi di un’orchestra rende ciò che fate molto più elaborato e complesso di ciò che si dice. Qual è il vostro equilibrio? Come riuscite a trovarlo?
Rinunciando ognuno di noi a qualcosa di sé, per ricercare quell’armonia e quella magia che solo un gruppo di persone che “respirano” insieme può trasmettere.
Avete affascinato il mondo. Siete andati in giro per i suoi paesi e avete fatto conoscere quest’affascinante cultura. Ma in qualche straordinario caso alcune icone mondiali sono venute qui, appositamente da voi, a cercare un legame profondo con la vostra musica. Madonna ne è l’esempio più eclatante, per lei avete suonato nel giorno del suo ultimo compleanno trascorso in Puglia. Che esperienza è stata per voi? E cosa vi unisce alla regina indiscussa del Pop?
Esperienze come quelle con Madonna di quest’anno, ma anche il compleanno di Mick Jagger lo scorso, sono ulteriori conferme che il nostro percorso stia lasciando il segno nella storia della musica della nostra terra. La nostra è una dimensione piccola in termini prettamente numerici o mainstream, ma la felicità e l’orgoglio nello scrivere una piccola parte di storia è immensa.
Il tarantismo è prima di tutto una fede. Una fede nei confronti della musica e del suo potere catartico. Può la musica salvarci anche dal veleno di questi tempi convulsi e frenetici?
La musica, la danza, l’arte continuano a salvarci ogni giorno, e lo faranno finché ci sarà l’umanità.
Chi è oggi la tarantolata, o il tarantolato, da salvare con la cura sciamanica della vostra taranta?
Siamo tutti noi, sempre più alienati ed isolati, sempre meno propensi all’empatia. La taranta è la sua cura “sociale”, attraverso la danza, sono un simbolo potente della necessaria riscoperta del contatto, della solidarietà e della condivisione.
Entrare in trance con il ritmo del tamburello che dirige i vibrati di un corpo, e della sua anima, significa creare un ponte indistruttibile tra chi muove la musica e chi l’ascolta, senza subirla, ma animandola con la danza caratteristica che ne suscita questo rito. Chi dirige la musica prova lo stesso tipo di trance o è costretto a mediare e mantenere più forte il contatto con la realtà?
C’è sempre una parte di lucidità anche nei momenti di trance, quando questi non comportano la perdita di coscienza. In generale, per tutti, i momenti in cui non siamo del tutto lucidi sono più comuni di quello che si crede. La parziale perdita di se stessi può essere catartica e incredibilmente affascinante.
Il vostro ultimo album Meridiana (2021), aperto dall’incantevole Balla Nina, è la costellazione fatta di note e danze che rappresenta anche il vostro progetto più evoluto, grazie, tra le altre di cui vanta, all’impronta di Justin Adams e del maestro Enzo Avitabile. Poi nuove collaborazioni e importanti progetti solisti, Mauro. Cosa dobbiamo aspettarci oltre? Come sta cambiando il Canzoniere?
Innanzitutto grazie di cuore per i complimenti. Non so neanch’io cosa aspettarmi, esattamente. Il Canzoniere cambia seguendo la storia di noi otto, l’evoluzione delle nostre esperienze personali e di gruppo. L’augurio ora è quello di poter portare Meridiana in mezzo alla gente, quanto più possibile.
Siete appena rientrati dalle Canarie come ospiti d’onore del WOMAD (World of Music, Arts and Dance), festival di musica, arti e danze del mondo, creato da Peter Gabriel. Cosa ci raccontate di questa esperienza dal vivo dopo un periodo (non del tutto trascorso) di recinzioni per la musica?
È stato bellissimo. Abbiamo bisogno esattamente di questo: di tornare a viaggiare con la nostra musica e di condividerla.
E noi ve lo auguriamo con tutto il cuore.
«Trovo la mia Meridiana, bussola nel buio, filo in questo labirinto, Lo impugno quando avanzo, sicuro del ritorno» (dal dolcissimo brano Meridiana).
BALLA NINA
(Lyrics: M. Durante, S. Perrone / music: M. Durante, A. Tondo)
chiantala potala chiantala la vita mia fatiandu
intra la vigna li duluri
chiantala potala chiantala la vita mia fatiandu
intra la vigna li duluri
cu me criscenu li fiuri
chiantala potala chiantala la vita mia fatiandu
mo su becchiu e alla campagna
chiantala potala chiantala la vita mia fatiandu
mo su becchiu e alla campagna
nu ci pozzu scire chiui
Ma se cotula cotula cotula lu core miu se precia
quandu viciu c’ha rrivata
Ma se cotula cotula cotula lu core miu se precia
quandu viciu c’ha rrivata
na criatura intra la casa
Nina balla
Balla Nina
ndaggiu mparate
cose de signuria ndaggiu mparate
e moi ballu pe tie ballu pe tie
e moi ballu pe tie e pe sta criatura
intra la stanza
Nina simu ieu e tie intra la stanza
simu sulu ieu e tie intra sta danza
quantu dulore pe lu luciscire
me l’aggiu già scerratu Nina mia
Nina balla
Balla Nina