Una poetessa di incredibile talento, ma anche tenacemente irriverente. Claire Liliane Aischmann, meglio conosciuta come Claire Goll, dalle sue seconde nozze con il poeta Goll, nasce a Norimberga nel 1890. Da pochi giorni è uscita la sua biografia “Cercando di afferrare il vento”, edita da Prospero Editore e curata da Dario Borso.
Nota per esser stata la scrittrice ebrea ribelle e anticonformista, Claire Goll è stata icona del pacifismo e dell’avanguardismo letterario. Nella sua vita ebbe moltissime relazioni con personaggi illustri frequentando le fertili Berlino, Zurigo e Parigi, capitali delle avanguardie artistiche dell’epoca, e gli ambienti legati al Surrealismo. Come racconta nella sua contro-storia la scrittrice tedesca ebbe una storia d’amore anche con il poeta e scrittore ceco Rainer Maria Rilke.
Dopo il primo matrimonio con Heinrich Studer si trasferì a Lipsia dove visse insieme a sua figlia Dorothea Elisabeth. Strenua sostenitrice del movimento pacifista, nel 1916, coi primi fuochi della Prima grande guerra, si trasferì in Svizzera a Ginevra dove frequentò l’Università lavorando come giornalista per importanti riviste nazionali.

Nel 1917 conobbe il suo futuro marito, in seconde nozze, il poeta Yvan Goll con cui intraprese anche un fervente periodo di produzione poetica. Sono sue le meravigliose raccolte di poesie Mitwelt. Da Parigi compose le raccolte Poèmes d’amor e Poèmes de la jalousie. Con l’avvento dei nazisti in Europa, però, Yvan e Claire, di fede ebraica entrambi, partirono alla volta di New York dove si trasferirono per evitare le gravi ritorsioni umane che subirono gli ebrei. Parigi resta nel cuore ed è qui che torneranno i coniugi Goll, questa volta, per restarci.
Confida Claire nel suo racconto: «Ho conosciuto grandi uomini, perfino dei geni: Joyce, Malraux, Saint-John Perse, Albert Einstein, Henry Miller, Picasso, Chagall, Majakovskij, Rainer Maria Rilke, Montherlant, Cocteau, Dalí, Jung, Antonin Artaud, Lehmbruck, Brancusi… I loro tratti dominanti furono quasi sempre un fanatismo agghiacciante e la chiusura».
In questa biografia Goll tramite la ricostruzione che ne fa Dario Borso è diretta, alle volte brutale non ha confini. La sua penna ha un tratto continuo e il sarcasmo ne dà ancora più forza sulle righe. Goll non usa mezzi termini né lusinghe da piaggeria di costume. Fa delle sue parole artigli e graffia le carni dei più grandi artisti e poeti che hanno solcato la sabbia di questa terra. Lo fa anche con sua madre descrivendo, appena può, il loro infelice rapporto, quell’odio che va oltre la pietà di averla vista morire agonizzante nei campi di concentramento.
Lo scrittore James Joyce, autore del capolavoro Ulisse, non le andò mai a genio. Di lui infatti riportò nel racconto della sua vita: «Tra i grandi nessuno era bloccato come Joyce. Un pesce polare? Un gambero con carapace d’ostrica? Rispetto troppo gli animali, siano pure meduse o molluschi, per compararli a questa mummia impagliata, a questa scorza senza linfa né calore, a questo frutto secco di Joyce».
E ancora: «Dal punto di vista umano, il fiasco più funebre della creazione, anche se conta grandi successi della letteratura. L’ho detestato ma senza porlo comunque al livello d’esecrazione di mia madre che odio al di là della sua sinistra agonia nei campi di concentramento».
Non teme di parlare di argomenti considerati tabù dalla società dell’epoca, come il sesso o il piacere femminile: «Ho amato alcuni uomini e molti più hanno amato me, ma è solo a settantasei anni che ho conosciuto il mio primo orgasmo». Più che un diario, una rendicontazione poetica della sua vita.
«Malgrado le mie avventure e le mie storie, ho dovuto attendere che a quell’età un ragazzo di vent’anni m’insegnasse che una donna può fare all’amore altrimenti che sotto il maschio nella posizione succube dell’animale. Non mi lamento. A dispetto dell’anno del gentil sesso che si conclude contemporaneamente all’anno santo, a dispetto del Movimento di Liberazione delle Donne continuo a sostenere che la donna è un essere inferiore e che non sarà mai uguale all’uomo».

Claire non si riteneva una provocatrice, la sua missione è piuttosto consegnare al mondo le sue esperienze, quelle certezze che avrebbero potuto aiutare qualcuno come lei, così come fece con lei la poesia di Else Lasker-Shüler, definita dalla critica mondiale come la più grande poetessa dell’ebraismo e per Goll un esempio devoto e incondizionato di talento e grandezza umana.
«Era l’eroina di tutta una generazione, e ciascuna delle sue pubblicazioni ne estendeva la notorietà. Statua vivente, il suo piedistallo sembrava sfidare il tempo. Però possiedo la sua maschera mortuaria: su un pezzetto di gesso si leggono tutte le delusioni e i dispiaceri. Uno sconforto da spezzare l’anima.
Ogni ruga rivolge una terribile accusa contro l’umanità. Colei che aveva cantato Gerusalemme nelle sue poesie, dovette fuggire un giorno fino alla Terra promessa. Laggiù non era né poetessa né donna celebre. Nient’altro che un’emigrante tra altri. Una vecchietta. Ogni giorno arrecò la sua parte di miseria e aumentò la sua amarezza. La grande Else Lasker-Schüler morì sola, ignorata da tuti».
È certamente ciò che anche Claire Goll non augura a sé stessa e la cosa di cui ha più timore. Ma non si ritiene arrivata, né lo farà mai. «Trent’anni fa nei miei scritti mettevo più passione, cinquant’anni fa più speranza o ingenuità. Oggi so che non c’è nulla da aspettarsi dall’uomo e della sua storia. A seconda delle circostanze sarà crudele o generoso, avaro o prodigo, rinnegherà la sua donna o deruberà i suoi amici. Il più dolce degli sposi può benissimo coprire di baci i suoi bimbi prima di bombardare quelli di un paese vicino».
Critiche di spessore anche nei confronti del Dadaismo: «Noi tutti volevamo essere poeti, pittori, scrittori ma non eravamo sicuri di aver trovato il modo di tradurre le nostre intenzioni. Quadri, libri e manifesti erano dei tentativi, delle scommesse. Ciascuno voleva rompere il vincolo dell’estetica, scuotere il peso della tradizione, lottare contro la menzogna dei libri superflui, ma non ci sarebbe mai venuto in mente di considerare le nostre opere come realizzazioni definitive degne del museo o della biblioteca dell’avvenire».
Una poetessa straordinaria, una visionaria seria e spietata, una mente lucida con una logica senza tempo. Tutto di lei, per quanto cerchi disperatamente di non accettarlo, si fa amare.
[Redazione]